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Il mio nome è Aprassia

Il mio nome è Aprassia

Salve a tutti,

sono spesso nominata quando si parla di demenza quindi oggi ho deciso di presentarmi e parlarvi di me, il mio nome è Aprassia. Come molte parole le mie radici sono antiche e infatti, il mio nome deriva dal greco

“a-praxìa”, dove il prefisso “a” indica una negazione e “praxìa” significa “fare” – e significa, letteralmente, “impossibilità a fare”

Ma cosa significa “impossibilità a fare”? Beh, sono senza dubbio un disturbo complesso e pieno di sfaccettature e sono anche soprannominata il disturbo acquisito del gesto perché sostanzialmente rappresento l’incapacità di eseguire compiti motori intenzionali appresi in precedenza, nonostante la volontà e la conservata capacità fisica…insomma, rendo difficile tradurre i pensieri in azioni.

Indipendentemente dalla mia evoluzione mi presento quando c’è un danno celebrale che può essere conseguenza di un trauma, ma anche di un processo degenerativo come l’Alzheimer. Come per molti altri disturbi complessi non ho un trattamento specifico ma sicuramente fisioterapia e terapia occupazionale possono essere considerate le colonne portanti del processo di riabilitazione.

Come anticipato sono un disturbo molto eterogeneo, ma di seguito vi presento le mie espressioni più comuni.

  • Aprassia ideomotoria. E’ sicuramente la mia forma più nota e si manifesta nell’incapacità di eseguire un compito motorio anche se è stato correttamente pensato. Ad esempio, quando qualcuno è affetto da aprassia ideomotoria non riesce ad imitare gesti semplici, come salutare, o non riesce a mostrare come si usa uno strumento, anche se sa che cos’è e come si utilizza.
  • Aprassia ideazionale. Quando un paziente è affetto da questa mia forma non sa più qual è lo scopo di un’azione e quindi non riesce a progettare mentalmente un gesto o una sequenza di gesti. Il risultato? Si potrebbe cercare di mettersi le scarpe prima di aver indossato i calzini.
  • Aprassia costruttiva. In questo caso quando mi presento la persona non è più in grado di disegnare e/o  costruire sia copiando, sia andando a memoria. Questo succede anche se la persona sa esattamente cosa le è stato chiesto di realizzare e, in caso di imitazione, riconosce l’oggetto. Ad esempio, una persona potrebbe vedere la forma di un quadrato, sapere che forma geometrica è, ma non riuscire a disegnarla.
  • Asprassia buccofacciale. Questa forma causa l’incapacità di eseguire movimenti volontari del viso, come ad esempio leccarsi le labbra, tossire o ammiccare con gli occhi.

 

Come avrete capito, indipendentemente dal modo in cui mi manifesto e dal mio soprannome (disturbo acquisito del gesto) non rappresento una mera difficoltà a muovermi, ma sono molto più insidiosa perché agisco sulla progettazione e sul coordinamento dei gesti e quindi punto ad azzerare nella persona in cui mi manifesto non solo la consapevolezza di come fare ma, a volte, la rendo anche incapace di immaginare come si fa una certa azione. Il mio grado di ingerenza è ovviamente proporzionale alla gravità del danno celebrale o il grado di degenerazione.

La stimolazione cognitiva e la terapia occupazionali sono molto importanti non tanto perché puntano a curarmi, ma perché insegnano alle persone a muoversi con maggiore sicurezza e a convivere con il disturbo che rappresento per preservare il più a lungo possibile la qualità della vita.

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